giovedì 28 giugno 2007

Buonanotte senza rilettura


Parole d'amore che nascono dal piu' profondo dei pensieri, non filtrati da null'altro che non sia il senso del cuore. L'appartenenza: non ha spiegazioni. Non ha metafore. Non ha altro che se stessa per spiegarsi. L'appartenenza. Quale virtu karmica la manifesti non lo so. Ma so che c'e'. La ritrovo in ogni singolo milligrammo di me (e si' che di chili non difetto...), la ritrovo in ogni respiro, nella risata che mi vien fuori quando ogni molecola si diverte a manifestarsi per quel che e'. L'appartenenza...Come l'attesa. Come il tempo che scorre nelle stagioni. Come lo svernare, come il letargo, come l'incessante scorrere del tempo che ha, per forza di cose, il suo, tempo. Non c'e' fretta, nell'appartenersi. Non c'e' tempo che possa scorrere diversamente. ti appartengo. mi appartieni. Ci apparteniamo. Possiamo stare in luoghi separati, in pensieri separati, in parole separate. ma qualunque luogo qualunque tempo qualunque volonta' non potra' cambiare l'aspetto imperscrutabile di questa realta'. Appartenersi.

Forse l'acqua di vite aiuta i pensieri ad essere meno composti, lasciando la frivolezza galleggiare su tutto. Quel tutto e' appartenenza. E bene lo sa chi col cuore non puo' ragionare e ostinatamente parla e parla e parla, consapevole che ogni parola e' solo un delirio del raziocinio e della voglia di controllo. Nella realta' c'e' solo appartenenza. Nulla di piu'. ti appartengo. Come la neve al cielo. Come il ghiacciaio alla montagna, come l'onda al mare. Come l'erba ai prati (quell'erba...!) come l'alba all'Est e il tramonto all'Ovest. Ora fai quel che ti pare. Ora che l'acqua di vite inibisce il controllo e lascia spazi infiniti a quelle verita' altre altrimenti inconfessabili.

Chi mi capisce e' Santa. io capisco cio' che non e' comprensibile a parole umane ma solo a desideri di s-controllo, come voli pirotecnici nello spazio infinito.

Saro' ubriaca? Meglio cosi! Buonanotte ai sognatori. Non siamo molti ma siamo.

In un unico inspiegabile sorprendente irripetibile abbraccio.

sabato 23 giugno 2007

Un caffè fatto con amore

Stamattina niente sveglia. Il telefono era spento e ho dimenticato di riaccenderlo. Risultato: ho dormito ininterrottamente dalle 2.30 alle 11.00.E Tanella con me, a seguire i miei ritmi, al buio malgrado l'ora tarda della mattinata.
Mi sono svegliata e ho guardato la foto di nonna, che ride li', a pochi centimetri dal mio cuscino. Ho rivisto lei, le risate insieme, le nottate sveglie a guardare film, ancora a ridere...Poi, mentre io al mattino, proprio come oggi, mi svegliavo dopo un lungo sonno, lei era già in piedi, e con fare silenziosissimo, si avvicinava al letto dicendomi (in dialetto) "o higghicé...u vua nu pocu i cahé?" (figlioletta, lo vuoi un po' di caffè?)...Niente di più bello che svegliarsi al mattino e sentire il profumo del caffè che ti avvolge e poi una voce amata che te lo offre. Quella voce era mia nonna, la mia nonnina strana, civettuola (un giorno le dissi che per fortuna aveva dieci dita sennò costava un capitale mettere altri anelli alle altre dita!Un'altra volta le ho detto che se si metteva un asciugamano sulla spalla poteva fare la vu cumprà e venderne un po' in spiaggia...E lei a dirmi "Oh!Mi piacciunu accussì!" e rideva all'idea di andare in giro per ombrelloni a vendere anelli!), che aveva voglia di stare sempre in compagnia, vedere gente, non importa cosa, come, ma stare immezzo agli altri. E la nostra famiglia così numerosa glielo consentiva: anche solo andare a trovare sua figlia (mia madre) voleva dire trovare otto persone in casa (questa e' la mia famiglia), e ognuno di noi a portare amici, cugini, fidanzati, fidanzate, amiche e amici, per cui venire a casa da me significava una marea di gente da incontrare. E mia nonna era contenta. Mi faceva compagnia. Ogni fine settimana veniva da noi per stare con me, perché mia sorella andava via e una stanza tutta per me e solo per me era troppo! Cosi mia nonna veniva e cucinava un sugo superbo, cuoceva delle ore! Quando dopo il caffè mi alzavo, andavo in cucina e lei era lì, tutta ordinata, seduta vicino alla finestra a guardare fuori, la radio accesa su una stazione con canzoni italiane, orchestre e vecchie melodie. Lei li', il pugno chiuso sotto al mento, col gomito appoggiato al davanzale, capelli pettinati, quel bianco azzurro dei suoi capelli, io entravo con la tazzina vuota "Ndi vua ancora?" "Ma si', va, un altro goccio...No, nonna, lo faccio io, state li'", a dirle dandole del voi (si stupivano tutti...) a lei che già si stava alzando per prendermi dell'altro caffè Allora alzavo il volume della radio e cominciavo a cantare a squarciagola e lei che mi seguiva, e rideva, e cantava. E se al coro si univa anche mia madre, le risate si moltiplicavano come le stonature!E lei si divertiva. E quando rideva le venivano le lacrime agli occhi e con uno strano pudore si copriva il volto...Quant'era bella e quant'era bello stare con lei.
Quel giorno, quando il tempo s'era fermato in un muto dolore che non si può dire, ero li', accanto a lei, a rivivere in quei pochi minuti che quegli uomini con saldatrice e viti alla mano mi concedevano, tutti i nostri momenti insieme, quelle canzoni, le risate, le nottate sveglie, i caffè, gli anelli, le storie...Per ogni minuto la ringraziavo, mentre avrei voluto davvero che sentisse la ricchezza che mi aveva lasciato nel cuore, negli occhi, quei ricordi che ogni giorno avrei ripercorso... Le scrissi un biglietto e glielo misi tra le mani "Ovunque andrai ogni volta che mi sarai accanto ci saranno le nostre canzoni e tanta luce. Arrivederci nonna amata".
In chiesa cantai per lei la nostra canzone, che lei amava e che per tutti noi è "la sua canzone" che solo io le cantavo. "la nevicata del 56" di Mia Martini (era diventata la nostra cantante preferita, oggi saldata al ricordo di nonna...) riempiva la navata ammutolita, nel silenzio di quei cuori tutti sospesi e feriti. Tutti, per me, sparirono. Eravamo solo io e lei, no...non distesa in quel noce levigato, no...Ma li', seduta vicino alla finestra, coi capelli composti, in quell'azzurro bianco di nuvola, coi i suoi anelli tra le dita, e il suo sorriso. Solo cosi' trovai la voce, il coraggio, e sparirono il tremore e la paura...Cantai solo con lei, per lei, per noi.
Stamattina, cosa che non faccio mai, ho acceso la radio del telefonino. Selezione manuale e mi fermo sui 91.80 dell'unica stazione che si sentiva bene. "Radio Margherita solo musica italiana", che assomigliava tanto a "quella" musica italiana, quella di un sabato di qualche anno fa. E l'annunciatrice che dice "...oggi, sabato 23 giugno, per 'Un giorno insieme', le canzoni di Mia Martini".
Sto scrivendo mentre mia nonna mi ha fatto un buonissimo caffè.

giovedì 21 giugno 2007

Est a te...

Nelle corse vocianti
dei bambini al parco
Tra le foglie che vibrano gioiose
ad ogni folata di vento
Nel fazzoletto della signora
che suda “come un cavallo in corsa”
mentre mi sorride e sventola la mano cicciotta
Nell’abbaglio dello specchietto retrovisore
dell’auto davanti alla mia
Nel banco di Beppe
pieno di frutta colorata
sbucata dal nulla
dentro casse di legno
Nei piedi scoperti
di tanti infradito
zoccoli e zeppe
Nelle biciclette moltiplicate nella strada
Nella voglia di tirarmi incessantemente su i capelli
e non basta mai.
Nel silenzio dei miei pensieri
che non hanno piu’ parole
e parole senza suono
che non ho più capito
e voce volto e gesti che non sono mai stati miei
ma che ho creduto appartenermi come una benedizione
Nel chiudere i miei occhi
Nel mettere le mani in tasca e non riuscire a pensare
Nell’accorgermi che i bimbi mi sorridono
Mentre io non c’ero
Mentre io non capivo
Mentre io non ho mai capito
Mentre io facevo i conti
con una realtà di cartapesta
con una voce che mi dice cose estranee
Mentre io non capisco
anche le mamme mi sorridono
e mi dicono “fa caldo”
Nella voce di una di esse
“Buon primo giorno d’estate...”
...l’estate è arrivata.

21.06.2007
h: 19.04

mercoledì 20 giugno 2007

lunedì 18 giugno 2007

Mi piace crederlo.

«Per il debole la difficoltà è una porta chiusa. Per il forte è una porta che aspetta di essere aperta.»
Almafuerte (1854 - 1917), educatore e poeta argentino

Le difficoltà impediscono a chi è debole di progredire. Per i forti esse sono opportunità di aprirsi a uno splendente futuro. L’atteggiamento e la determinazione decidono l’evolversi delle circostanze. Ciò che più conta è il nostro cuore.
D.Ikeda (Giorno per Giorno, 16/06)

Mi piace crederci, una sfida silenziosa tra me e la mia vita, che mi mette davanti, ogni volta, qualcosa di nuovo, quasi volesse veder come mi preparo, come agisco, come reagisco. Un'amica, la vita. Da trattare con coraggio.
Mi piace crederci, anche se non ' sempre facile. Ma quando non lo è...per fortuna ci sono amiche che sostengono il mio cuore, i miei sensi, i pensieri e pure le mie ipocondrie!
Buongiorno!

sabato 16 giugno 2007

16 GIUGNO 2007 Roma

Sapete individuare il filo conduttore che lega queste persone?

Gerda Verburg, ministra dell’Agricoltura.
Jenny Bailey, sindaco di Cambridge
Mary Cheney
Ilene Chaiken, produttrice esecutiva
Linda Villarosa, ex editrice del New York Times,
Cynthia Nixon, attrice
Titti De Simone deputata
Nerone Imperatore
Aldo Mieli operaio
Thomas Mann e figlio Klauss Mann scrittori
Benvenuto Cellini scultore
Sir Richard Burton esploratore
Cecil Beaton fotografo
Agatone drammaturgo greco
Giulio III papa dal 1550 al 1555
Filippo IV il Bello re di Francia
Frederik Rolfe scrittore inglese
Krupp industriale tedesco
Luigi II di Baviera occhi chiarissimi e dall'ovale perfetto
Wagner compositore
Socrate filosofo
Alcibiade ateniese
Alessandro il Grande, Re di Macedonia nel 336
Oscar Wilde scrittore
Gide scrittore
Cocteau scrittore
Pasolini scrittore
Arbasino scrittore
Joe Dallessandro attore e modello
Michelangelo scultore
Mario Mieli militante
Busi scrittore
Ruth Ellis tipografa
Cecilene Franklin tipografa
Umberto Bindi cantante
Andy Wharol pittore fotografo autore
De Pisis Filippo pittore
Caravaggio pittore
Giulio Cesare imperatore
Leo Gullotta attore
Gianni Vattimo filosofo
Angelo Pezzana autore scrittore


Trovato? No? Allora ve lo dico io.

Quel filo si chiama OMOSESSUALITA'.
Vilipesa, odiata, amata, additata, sublimata, condannata, capita, condivisa, ripudiata, umana, naturale, pervertita, diabolica, angelica, straordinaria, semplice, normale.
Normale.
Normale!
E invece...diventa dibattito, diventa motivo di odio, sotto il suo vessillo si sacrifica sempre qualcuno o qualcosa (leggere meglio: qualcuno o qualcosa si DEVONO sempre sacrificare..), diventa argomento che fa moda, audience. Anzi, sei moderno se sostieni "Io non ho nulla contro i gay" , denunciando in realtà la persistenza di quella cultura della tolleranza che sancisce ancora una volta la predominanza del pensiero omofobico. Chi deve tollerare chi? E perche? Che forse i tacchini tollerano i galli? Che forse i galli ringraziano per questo? O il pero tollera il melo, o l'arancio, o il castagno?
Tollerare...Dal Garzanti: "1- avere la capacità fisica e morale di resistere senza danno a qualcosa; sopportare; 2-accettare con pazienza, indulgenza, larghezza di idee le opinioni, gli atteggiamenti, gli errori altrui", e laddove si parla di "larghezza di idee" viene in mente qualcosa di simile ad un beneficio, elargito con generosità.
Ma "tollerare" una cosa quando la cosa è legittimata da se stessa, dal solo fatto di esistere, quando la cosa coincide con un essere umano e la sua storia, il suo presente e futuro, si può davvero parlare di Tolleranza? E stabilita da chi?
Si può dire "tollero il rumore del martello pneumatico"se ci sono lavori in corso nella strada sotto casa, ma non si può, non si deve "tollerare la diversita' "(frase spesso detta con la convinzione di aver detto un qualcosa di illuminato...), perchè la diversità è un dato umano che caratterizza ognuno di noi. Fa parte della nostra umanità. Come il cielo, la terra, il sole, la luna, le stelle, il mare, il lago, le montagne, le pianure, i bambini, gli anziani, il naso, i piedi, le piante, i suoni, i rumori, i girasoli e le margherite, le nuvole e l'erba, e altre miliardi di cose che compongono il nostro miliardario universo. Dentro a queste meravigliose cose ci sono le donne e gli uomini, coi loro nasi, i loro denti, con quel tipo di voce, quel colore di pelle, quell'andatura, quella voglia di gelato, il modo di suonare o di essere stonati, di ridere, di piangere, di concentrarsi, di piacersi, di abbracciarsi o di intimidirsi, quella voglia di leggere, o di parlare lingue straniere, o di non capircinulladellapolitica, con quella capacità di essere madri o padri, di essere sorelle, fratelli, amiche, amici, compagne, compagni, amanti.
Di Amare.
Quella capacità di amare e di essere amati.
Anzi: quel diritto di amare e di essere amati. Anzi: quel diritto. Unico, su tutto il resto che è solo contorno: il diritto di essere esattamente ciò che si è. Sviluppiamo la cultura del diritto!
E il diritto non lo si tollera: si rispetta. Stop.

«...il riconoscimento della dignità specifica e dei diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana è la base di libertà, giustizia e pace nel Mondo»
(Preambolo alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948)

domenica 10 giugno 2007

Bellissime.


"Specchio, specchio delle mie brame...". La regina cattiva di Biancaneve non sembrava avere conflitti con la propria immagine. Tanto da definire il riflettente, un amico, addirittura "...dei suoi desideri..". Al contrario, credo che nello specchio, il mio specchio, oggi io veda riflessa tutta la mia insuperabile insicurezza! In termini di fisicita', intendo, ma pure di...credibilita'.

In che senso?

Avete mai provato a guardarvi nello specchio per vedere, ad esempio, come vi sta un abito, un paio di orecchini, o un cappello?

Immaginatevi nell'atto di fare questa cosa...E pensate alla espressione della vostra faccia. Ricordate? Si atteggia, inconsapevolmente, a 'piaciona'.

Vi siete immaginate/i?

Il cappello in testa da provare? E chissa' perche' lo sguardo diventa un po' cupo, misterioso...come quando si indossano gli occhiali da sole da acquistare.

E la camicia? Il busto protesto in avanti, magari messo un po' a trequarti, con il bacino leggermente in avanti, proteso verso quel riflettente tanto da sembrare volercelo ingraziare!

E le scarpe? Per quelle c'e' tutto un rituale che diventa cosi' una farsa. Indossata la scarpa: vista frontale. Mmmh. vista laterale con piegamento accennato del ginocchio...mhmm... Stessa vista laterale, ma con tallone lievemente sollevato...Mmmmh. Vista interna, con apertura del piede in terza posizione (le ballerine mi capiranno). Tutte pose, in realta', per esporre sezioni del nostro piede cosi' rivestito cui nessuno fara' attenzione quando cammineremo, quando ci siederemo, quando balleremo.

Per non parlare del rossetto! Splendido e' il rituale della "posa del rossetto". Del rossetto davanti allo specchio, intendo. Ci si passa il morbido cosmetico e poi...Poi ridiamo davanti allo specchio!? Anche per verificare che non vi siano tracce di rosso sui denti (quando mi capito' di vederne su denti della mia interlocutrice non so cosa mi sono inventata per farglielo notare...segni, indicazioni, ammiccamenti con lo sguardo, che avra' pure pensato che ci stavo provando!), ma soprattutto per vederne l'effetto-sorriso.

Immaginatevi ancora mentre il parrucchiere vi ha fissato l'ultimo dei ciuffi sulla fronte...Di nuovo quello sguardo cupo, enigmatico che si misura con se stesso per consentire alla nostra seduzione di arrivare al top!

E se invece proviamo un pigiamone, magari coi fiorellini, o gli orsetti, o i cuoricini...?Primo istinto e': mani in tasca (se ci sono le tasche) o dietro la schiena e dondoliamo come bambinette...Regressione totale!

Aveva ragione Pupella Maggio, quando parlava dell'importanza delle scarpe, sul palcoscenico. A seconda del tipo di scarpa indossato "diventava" qualcuno di diversi...

Cosi' diventano un esercizio quelle smorfie, quelle pose, i gesti, altrimenti incomprensibili, davanti allo specchio. Un esercizio per prepararci all'incontro con chi non ci conosce ancora, o non cosi bene. Sapremo cosi' offrire all'interlocutore o interlocutrice il nostro profilo migliore, muovendo con sapiente destrezza il volto, il busto (o non offrendosi mai in quel trequarti che troviamo orrendo!), la posa delle gambe e il movimento dei piedi (???).

Salvo poi dimenticarci tutto quanto quando l'altro/a ci ha visto e rivisto in ogni porzione del nostro volume. Allora, tristemente, lo specchio cosi' impietoso con noi fino a che ci siamo guardate e riguardate in mille pose, si rassegna anche lui a guardarci (e meno male che non ha la testa...la scuoterebbe con sconfitta) in tutta la nostra scialberia. Pinzone in testa, occhiali, ciabattebastachesia, con addosso "qualcosa di comodo" che spesso altro non e' che una maglia informe, incolore, quellaperlacasa, che dovremmo invece usare come velo pietoso per coprire di pudore il nostro umano decadere.



Nello scrivere pensavo a tutte quelle donne che, come me, pensano che il proprio stato vitale spesso dipenda dall'approvazione degli altri. E pensavo a chi con semplicita' o rassegnato sorriso mi ricorda che sono bellissima. O chi mi dice di imparare ad amarmi cosi' come sono. Allora divento come lo specchio. Mi guardo e sorrido. Tanto dentro me io ci vedo la sirena che nello specchio non si vede, ma c'e'! Proprio come la piu' tradizionale delle magie...

venerdì 8 giugno 2007

J. Steinbeck - La Valle dell'Eden

Storia di una scatola
e del suo contenuto
(grazie)

AAA FABBRO CERCASI

I lavori artigianali, si sa, sono sempre piu' considerati un vero e proprio lavoro artistico.
Impegnati occhi, mano, mente, creativita', precisione, attenzione, cuore...
Proprio come nei rapporti con gli altri.
Voi avete un trapano?
Io ce l'ho!
Voi avete le brucole?
Io ce l'ho!
E i tasselli?
E il "metroquellocoicentimetri"?

Io...ce l'ho!

Detto cio', sono un'artista?

O...fabbro? Maniscalco?
Carpentiere?

Ma se fisso mobiletti sui muri...cosa sono?
E se montassi mobiletti di IKEA, chi divento?
Queste sono le vere domande...
E' l'abito che fa il monaco, come il trapano e martello fanno il Tuttofare?
Forse si'...L'importante e' portare bene l'abito...o usare bene martello e trapano.
Poi, giusto per farmi un'idea, trovo questa pubblicita':

FABBRO LAVORAZIONI PARTICOLARI E SU MISURA.

Lavorazioni...particolari?

Ma io scherzavo!

E SU MISURA???

HOW!

Scusate questa mia regressione...Anche io ho i miei momenti casual...




mercoledì 6 giugno 2007

Riflessione di mezzanotte.


Un funambolo che cammina in bilico. Sospeso tra l'aria e il vuoto. Nell'incerta consapevolezza che ogni attimo e' un attimo dopo. La costruzione di ogni attimo prescinde dal futuro, non fa progetti che non abbiano attinenza col presente, quello appena passato e con il passato prossimo. Rovistare tra vecchi oggetti scaturisce solo ricordi. Osservare nei giardini degli altri e' un modo semplice per stare a guardare il mondo con occhi normali. Magari da distante, ma con interesse, con attenzione. Senza scelta. Scelta...Un funambolo che cammina in bilico sull'incerto divenire, pronto a oscillare nel vuoto con la consapevolezza che ogni passo potrebbe essere l'ultimo. Sospeso tra l'aria e il vuoto. Laggiu' un'altra meta che altro non e' che un nuovo, inesorabile, incerto, attraente divenire. Guardare nei giardini se ci sono fiori nuovi, ortaggi o piante da frutta. Senza voler scegliere qual e' la cosa migliore. Perche' il funambolo sa che la cosa migliore e' solo il passo sulla corda, il suo passo sulla corda. In bilico tra l'aria e il vuoto.

Il resto è vino bianco frizzante.

Due amari.

E un sorso di nascosto dal tuo bicchiere.
E non poterti mai chiamare per nome.

domenica 3 giugno 2007

Una citazione.Dopo Loving Annabelle

FOR THE HUMAN BEING TO LOVE ANOTHER: THAT IS PERHAPS THE MOST DIFFICULT
OF ALL OUR TASKS...THE WORK FOR WHICH ALL OTHER WORK IS BUT PREPARATION.

Rainer Maria Rilke (Praga, 4 dicembre 1875 - Valmont, Svizzera, 29 dicembre 1926)

(Per un essere umano amare un altro è forse il piu' difficile dei compiti...Questo lavoro esiste ma richiede preparazione).

Le citazioni...Ricordo quando il prof di lettere dava i titoli dei temi...Ce n'era sempre uno che era una citazione. Erano i cosiddetti "temi introspettivi", che con quello storico e quello d'attualita' completava il trittico di temi da scegliere. Io escludevo a priori l'attualita' e lo storico, richiedevano precisione. Quello introspettivo no...Nessuno poteva venire ad indagare dentro di me e stabilire se quello che scrivevo fosse o no la verita', fosse o no corretto...giusto...Allora guardavo la citazione, spostando il foglio da me quanto bastava per sentirmi distaccata. Poi cercavo di capire la struttura delle parole e il legame tra una lettera e un'altra, tra una sillaba e l'altra. Poi riponevo il foglio e guardavo altrove, in genere verso la finestra. E quando gli altri erano arrivati ad aver svolto gia' mezzo tema, io non avevo neanche scritto una parola. Lasciavo che dentro di me quel titolo si accomodasse, e cercasse da se' il luogo piu' adatto per farlo. E tac!Scattava qualcosa che mi imponeva la presa rapida della penna, e in un istante fiumi di parole, copiose, senza senso, impetuose, sgorgavano quasi dalle dita, sospinte da una forza irresistibile. Intere pagine si riempivano cosi', da sole, tanto che ottenni una particolare "dispensa": potevo continuare il tema nelle ore successive, malgrado ci fossero altre materie. Era un privilegio, lo so, ma era pure l'unico modo per me per portare a termine il compito in classe. Inoltre, fino alla fine non sapevo neanche bene cosa stessi scrivendo. Quando lo rileggevo, percio', era sempre una scommessa: era come se una personcina dentro di me avesse scritto tutto ed io li', a leggere il suo lunghissimo messaggio. Era rischioso, ma diventava pure divertente! Agli altri piaceva molto il mio tema, anche per loro diventava una scommessa. Il prof era gratificato, compiaciuto da quello che lui definiva "atto di fiducia" che io rivelavo parlandogli di me, del mio vivere e sentire, nei temi che sceglievo. Ed io gli ero grata, profondamente, perche mi costringeva alla riflessione, anche se in me avveniva in modo assai curioso...Gli ero grata perche' "...se c'e' qualcuno che legge - pensavo - ci sara' sempre qualcun altro che scrive...", ed ero felice che lui fosse il lettore ed io la scrittrice...

Le donne che cambiano


...che cambiano il mondo.
Non ce n'e' mai abbastanza per loro. Riconoscimenti? Pochi, pochissimi, a volte dalle stesse inventati. Pazienza? Tanta, immensa, come immenso e' il sacrificio continuo. Perdono. Chiudono spesso anche il terzo occhio, pur di non vedere l'abissale discrepanza. Vitalita':insuperabile.La forza della vita sta tutta nel loro grembo. La forza e' femmina.Come la lotta. Come la conquista.
Quanta strada ancora da percorrere...Quanta gia' percorsa...
Ho cercato e trovato in questa lunga, contraddittoria, tragica storia per la conquista della liberta' e del diritto alla liberta', una donna, la cui memoria mi va di rinnovare: Emily Davison. Era il 1913, con lei il movimento londinese delle Suffragette, che avrebbe posto le basi per il movimento femminista, ha avuto la sua prima martire:si getto' pe protesta sotto la carrozza reale durante un affollato derby e rimase uccisa.
In Italia, il movimento per l'emancipazione della donna, con Anna Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff, abbraccio' quello operaio e socialista fino a quando, con il congresso delle donne, indetto nel 1908 a Roma dal Consiglio Nazionale delle Donne, nacque il Suffragismo Femminile Italiano e con esso la proposta del 1919 per estendere alle donne il diritto di voto.
Proposta spazzata via insieme alle istituzioni liberali dall'avvento del fascismo.

Quasi 30 anni dopo gli italiani vanno alle urne per decidere le sorti del Paese: Repubblica o Monarchia? Serviva un rinforzo. Come non guardare, allora, a quell'affollamento di anime senza diritti con interesse?
Consapevoli certo di una opportunistica concessione (abituate da sempre a farsi bastare il poco, pur di non perdere un'occasione), la loro partecipazione al voto si sarebbe sentita...Eccome! Le donne entrarono per la prima volta in un seggio elettorale da partecipanti. Era il 2 giugno del 46. Sedici giorni dopo nacque la Repubblica Italiana. Una figlia delle donne.
La madre della Repubblica e' stata infatti quel fiume di 12 milioni 998mila 131 donne, oltre il 52 percento dei votanti, che sembrava non aspettasse altro che manifestare la sua irrinunciabile, imprescindibile partecipazione alla vita del Paese, alla societa' di cui faceva non solo parte, ma la parte piu' preminente...E finalmente lo dimostro'.
Anche la regina, da donna, ebbe il suo diritto al voto. Decidendo che non sarebbe stato elegante votare per il marito (una regina e' sempre una regina...), scelse Giuseppe Saragat, mettendo la croce sul simbolo del Partito Socialista per la Costituente.
Nel giugno del 96, al "Il Messaggero", confido' che non voto' per il socialismo ma per il 'sociale'.

Donne, donne, donne.

Peccato che spesso siamo noi stesse a credere di non essere mai all'altezza...Io da qualche tempo ho deciso una mia personale 'crociata'. A parita' di condizione, scelgo una donna. Cosi' per l'osteopata (ce n'erano 3 diversi nello studio, tutti preparati e di cui tutti parlavano bene. Scelsi lei), cosi' agli sportelli della posta, della banca, a teatro, fino a rendere questa condizione prevalente soprattutto sull'esercizio del voto.

Sono di parte?
Decisamente si'. Sono fieramente una di loro. E non c'entra nulla essere contro agli uomini e lotte sessiste, ecc...No. Io sono CON le donne. Testardamente, a volte, difficilmente, altre ancora, ma tenacemente convinta di essere dalla parte giusta per cambiare.
Perche' le donne che cambiano, cambiano il mondo.

venerdì 1 giugno 2007

BUON MESE DI GIUGNO...


...un pensiero per te.
Per te
che leggi,
che stanchi gli occhi,
che non riesci a far quadrare i conti,
che non sai cosa dirgli,
che non sai come fermarla,
che non sai che fare,
che hai voglia di viaggiare,
che hai voglia di restare
a te che vorrei sapessi
che lo spazio per te
e' come un campo di grano
steso leggero al sole
con la carezza del vento
e il cielo come lenzuolo profumato.