domenica 30 settembre 2007

Qualche minuto ancora...

Fuochi d'artificio laggiu', che rimbombano strappando il buio e il silenzio, sembrano voler salutare quest'ultimo giorno di settembre, ormai agli sgoccioli.
E' arrivato ottobre, coi passi cadenzati dagli ultimi boati laggiu', in fondo al cielo.
Boom....booom...boom...
Buon ottobre, viandante...

Nel giardino di casa.

Quante cose si pensano nel silenzio...

Finalmente, la decisione mentalmente presa ogni volta che attraversavo il cancelletto di casa di prendermi cura delle piante, vedendomi gia' con cesoie in mano e rastrello contro il muro, è diventata realtà.

Con gli altri tre condomini, appuntamento venerdì alle 18 circa per dare inizio al lavoro di ripulitura del giardino condominiale, altrimenti affidato a qualche costoso giardiniere direttamente dalla proprieta'. Cosa che alle nostre orecchie di anarchici della locazione dev'essere suonata molto antipatica, se dopo poche parole ci siamo assunti la conduzione dei lavori e l'esecuzione degli stessi, dalla potatura al taglio dell'erba, dalla rastrellatura allo smaltimento presso l'ecocentro degli sfalci e dei risultati del nostro lavoro.

Io ho scelto le rose.

Non volevo che sbrigativamente qualcuno, pensando alla solita storia che "taglia basso" equivalga sempre al rinforzo (come si e' sempre pensato del taglio dei capelli "tagliali corti che si rinforzano!" e per sette anni della mia vita ho portato i capelli in quella forma informe dei cosiddetti capelli alla maschietta!), facesse una carneficina delle rose rasandole tutte ad altezza gnomo!

Ho comprato dei guanti robusti, dovendo "smanacciare" tra rovi intricati (era davvero il giardino degli Addams...) e con le cesoie ho finalmente concretizzato quel pensiero che accompagnava il mio arrivo a casa. Contavo le gemmature, immaginavo quali sarebbero state la prossima fioritura e come le rose avrebbero ricolorato il giardino. Tagliavo e raccoglievo le rose che ancora non completamente sfiorite, avrebbero potuto adornare il tavolo della cucina, o, come quella bellissima baccarà che diffonde ancora ora il suo delicato e intenso profumo, che potevo regalare per amore, o i boccioli gialli che ho messo lì davanti la foto di nonna per la sua gioia.

Facevo fatica a tagliare i rami piu' spessi, fatica morale, poichè pensavo al distacco di quella parte di pianta dal "suo" resto o di quei rami ormai secchi a cui stavo dando addio; fatica fisica perchè la pressione esercitata nel palmo della mano si faceva sentire sempre piu' e i guanti spessi che mi proteggevano con efficacia dalle spine in realtà avevano certe cuciture interne che mi stavano di fatto segando la pelle! Un dolore insistente.

Un dolore fisico che sapeva distrarmi. Da me, dai miei pensieri personali, spostandoli sulla natura intorno, sulla necessita di luce che hanno le piante, sulla bellezza del verde, su quell'odore meraviglioso che è l'erba tagliata e la terra umida...

Non pensavo piu' a certe frasi rimaste nella mia testa a girare e rigirare come la ruota di un criceto, non avevo, sembrava, tempo per rivedere quel volto che mi baciava. Facevo qualcosa che non era per me, e il distacco da me sembrava addirittura salutare. Il dolore fisico e il sollevarsi di pesi altri, appesi chissa dove. Riflettevo su questo, mentre contavo a spanne il punto in cui recidere. Rami secchi che andavano tolti. Si fa cosi' anche nella nostra vita? E chi usa le cesoie? E chi decide cosa è secco e cosa no...?

Non avevo voglia di pensare a me, non avevo voglia né tempo. Le rose, le cose belle, quelle si' che mi venivano in mente. Immaginavo scene mai vissute, abbracci lontani, sorrisi persi che rivivevo con gioia, e sorridevo a mia volta, mentre il cespuglio o l'alberello di rose, sembravano riprendere respiro.

Il giardino stava riprendendo una forma.

Ma il buio ci ha costretti a smettere, per riprendere l'indomani.

E l'indomani, ieri, la mia schiena voleva farmi cambiare idea, cosi' come il cielo grigio e il freddo che cominciava a farsi sentire. Ma il lavoro andava finito.

Ancora guanti e cesoie, stavolta erano per la crescita smisurata della "gaggia", che separa le proprieta', o i giardini confinanti, un separeé voluminoso che ha ombreggiato gran parte del giardino. Ma il piu' difficile e pesante per la mia gia' provata schiena è stata l'edera...Un tappeto di radici, da muretto a muretto, sotto le piante, intorno alle piante, ovunque!

Un po' alla volta, tagliando e sfilando, ne ho tolta un bel po'.

Dall'altra parte del giardino, gli altri stavano facendo la stessa cosa ma con meno prudenza: colpi di zappa e zacchete! Taglio delle radici e solchi profondi come cicatrici nel terreno. Finalmente la zappa si ferma e qualcuno dice "fermiamoci qui, il grosso è fatto". Allora sposto la zappa e riprendo con le mie fedeli cesoie il taglio, da quella parte, delle lunghe trecce di edera. Chinata, inginocchiata sulla terra, raccoglievo cio' che tagliavo con le mani, con calma, quasi quel movimento mi riposasse. Gli altri erano andati a portare all'ecocentro gli ultimi sfalci raccolti. Nel silenzio di quel momento il "mio" giardino ha voluto restituirmi qualcosa di speciale, inaspettato e stupefacente. Confusi con le radicette dell'edera, erano gli aculei di un riccio, completamente nascosto sotto le foglie secche e l'edera rimasta da tagliare. Ero senza parole! Un momento che sembrava ripagarmi di quella fatica, quasi a dirmi che quel giardino, con tutte le sue "incurie" stava ospitando un esserino meravigliosamente tenero e delicato. Non volevo si spaventasse, allora ho preso delle altre foglie e l'ho ricoperto. Mentro facevo pianissimo questa cosa, mi sono accorta che accanto al riccio ce n'era un altro, piu' piccolo...E poi un altro ancora! Era una famigliola, una mamma, suppongo, e i suoi piccoli!

E' stato bello. Un dono.

Al loro arrivo ho messo gli altri al corrente di cio' che il nostro giardino ospitava e tutti, in un istante, hanno trasformato la loro espressione di comprensibile fatica in una gioiosa emozione, quasi infantile.

Abbiamo rimesso i rami d'edera lì, in quell'angolo prezioso, e siamo ritornati ognuno nelle proprie casa.

Sono stanchissima, oggi. Ho mal di schiena e un po' di raffreddore...Sulle dita qualche vescichetta che brucia. Ma se penso a quei musetti a trombetta e quelle panzottine puntute, che abitano li', a pian terreno, in quel giardino che mi sembrava solo desolato...mi ripagano di tutto, con una tenerezza infinita, e mi sento già meglio.
PS. la foto non è quella dei "miei" riccetti, ma la situazione era identica!

venerdì 21 settembre 2007

...

Sta scivolando dietro le montagne, con lo strascico lungo degli ultimi raggi di sole.
Ogni cosa sembra rivestita di un colore bruno, come se caramello e miele fossero stati spalmati con dovizia e pazienza...
E' il primo giorno d'autunno, quasi finito ormai.
Dolcemente.
In silenzio.

giovedì 20 settembre 2007

La balera

Ballavano. Anzi, quasi fluttuavano. Pensavo che si muovessero a qualche centimetro da terra e sospinti dalle note del valzer danzassero....danzassero. Gli sguardi fissi altrove, non si incrociavano mai, seri seri. Mi domandavo perche' non sorridessero, mentre danzavano. "Il ballo è una cosa seria" sembravano rispondermi quelle loro movenze nuove ai miei occhi.
Erano anziani. Li guardavo. Una carica vitale enorme, sprigionata dalla tenuta delle spalle, dritte, parallele, eppure morbide, armoniose.
Erano gli anziani che ogni mattina trovo per strada, io assonnata e loro han gia' fatto la spesa, le commissioni, e magari vanno a prendere i nipotini a scuola.
Erano anziani ed erano belli.
Non e' certo un post colto profondo politico o chissache'...E' il mio buongiorno a chi, nel suo cuore, ha un posto speciale per una persona anziana.
E io ce l'ho.
Buongiorno!

mercoledì 5 settembre 2007

Il frutto del Melogrande

Ho rubato. E l'ho fatto direttamente da un...Melogrande, pieno di frutti invitanti a cui non ho saputo resistere, domandandomi Perche' l'avrei dovuto fare.
Ho trovato, tra i tanti, un frutto carnoso, pieno di delizie, semplice, profumato e pronto per essere colto. Non un frutto che per prenderlo si chiede il permesso, no...Si poteva solo rubare. Ed io l'ho fatto. Non ho saputo resistere. Anzi, non ho voluto.
(come per il talento, mi prendo tutte le responsabilità. ;-) Grazie.)


A chi ha sarà dato – part II
Quello che volevo dire.
Devi usare il tuo dono, grande o piccolo che sia.
Senza paura e senza risparmio, oppure con paura, ma senza risparmio.

Se sai cantare canta.
Se sai correre corri.
Se sai studiare studia
Se sai cucinare cucina.
Se sai amare ama.

Devi fare tutto come se fosse la cosa più importante del mondo, e come se volessi arrivare al numero più grande di tutti. Lo so che non c’è, ma cerca di arrivarci lo stesso.

Il talento, quale che sia è un dono che è dato perché tu lo metta a frutto, non per dormirci sopra o lasciarlo arrugginire. E’ una responsabilità il talento.
Spremi tutto quello che puoi, a fondo perduto.
Spingiti oltre.
Schiaccia ‘st’ acceleratore, cazzo.
Fino a non farcela più.
Poi prova a farcela ancora un po’. Vedrai che ce n’ era.

Forse così arriverai da qualche parte. Forse no. Ma non avrai rimpianti.
Perchè altro modo non c’ è per sapere dove PUOI arrivare.
Tutto qui.

sabato 1 settembre 2007

Settembre



Modella il tempo
come cieco amante
il mio volto
e, nel mio specchio,
appare di sabbia.
Ogni volta diverso.
Mi guardo.
Mi guarda.