giovedì 22 dicembre 2011

Il Muro degli Angeli




Dal post di Emanuela Carniti, una delle figlie di Alda Merini, tra le promotrici (insieme alle sorelle Barbara, Simona, Flavia, la nipote Giulia autrice dell'appello online) della sottoscrizione per salvare la Casa che fu abitata e "segnata" dalla madre. La risposta di un...angelo!

"Massimo Ferrarotti spirale.mil

Gent. Manuela,come le accennavo telefonicamente l'Associazione della quale sono Presidente SPIRALE D'IDEE si rende disponibile alla realizzazione dello Strappo di intonaco di "casa Merini". La mia disponibilità non riguarda solo l'impegno del maestro Fiorentino Massimo Callossi e l'Artista Giampaolo Talani a realizzare lo strappo ma anche alla copertura TOTALE dei costi di realizzazione. Ieri ho contattato, dopo la nostra telefonata, l'Assessore alla Cultura della Regione Lombardia Massimo Buscemi che si è dato disponibile a sostenere l'iniziativa in tutte le sue forme e a farsi portatore di questo messaggio con l'Assessore Boeri. A mio parere, a questo punto, senza perdere altro tempo sento la necessità di agire, in accordo tra tutte le parti coinvolte, ma agire. Le allego la cronologia dell'intervento ed i materiali che verranno utilizzati.Il sopralluogo, da parte dei due maestri Fiorentini , è stato fatto a Novembre in accordo con il Comune di Milano ( dott. Vento e ufficio dell' Assessore Finazzer) e non servono altri sopralluoghi per poter operare. Penso fermamente che" l'opera" di Alda rappresenti una parte di noi Milanesi e di tutte persone che amano la Poesia.Rimanendo a sua disposizione per approfondimenti o chiarimenti la saluto cordialmente. Massimo".


Poi, la disponibilita' inattesa dei proprietari dello stabile sui Navigli...


(altro post, di Barbara questa volta, un' altra delle figlie della poetessa).


"COMUNICATO URGENTISSIMO: E' FATTA!

HO APPENA PARLATO CON I PROPRIETARI E CON L'AMMINISTRATRICE DEL CONDOMINIO DI RIPA DI PORTA TICINESE: MI HANNO AUTORIZZATA AD ENTRARE CON IL SIGNOR FERRAROTTI PER POTER ESEGUIRE I LAVORI, BASTERA' SOLO PRENDERE ACCORDI PER GLI APPUNTAMENTI.

LA SOPRINTENDENZA EFFETTUERA' IL SOPRALLUOGO LA SETTIMANA PROSSIMA.


Sono felicissima. Non sto nella pelle. E' fatta. Sono stati giorni intensi. Il nostro obiettivo è stato raggiunto. Grazie veramente a tutti. Uno per uno. Grazie di cuore."



Bene. Una bella storia di un bel Natale.

"Tutti mi guardano con occhi spietati, non conoscono i nomi delle mie scritte sui muri e non sanno che sono firme degli angeli per celebrare le lacrime che ho versato per te."(Alda Merini)

lunedì 19 dicembre 2011

SALVIAMO CASA MERINI



C'è una petizione, signore e signori, che va assolutamente sottoscritta. Non importa che vi piaccia la poetessa Ada Merini, oppure no. Il punto e' salvaguardare parte del nostro patrimonio, quello opera dell'intelletto, della Arte che ha caratterizzato il nostro essere un Paese di pensatori, di poeti, di scrittori, di luminari, di intellettuali, di cultori della Cultura in ogni suo aspetto.



Ada Merini, per chi la conosce è un'intoccabile icona della nostra letteratura piu' recente, le sue poesie spaccano il cuore, la realta', scardinando ogni luogo comune ed ogni rassicurante certezza. Per chi non la conosce e' una meravigliosa occasione di crescita.



Ma qui, ora, vogliamo salvare una casa. Quella che e' stata la casa di Ada Merini, con le scritte sui muri, che ora, qualcuno, vuole intonacare e rendere ... tabula rasa. Via! Spazzate via come molte cose di questa nostra Storia. (quelle scritte, nella foto...un po' della sua storia. A me si spezza il cuore pensando di passare una pennellata di bianco sopra! In qualunque altro Paese lo conserverebbero in una teca protetta!)



E se si e' stati in grado di dare un senso al bassorilievo bolzanino di "Mussolini a cavallo" di Piffrader, in un'ottica della salvaguardia proprio di quanto sopra, la nostra cultura artistica e le sue mille espressioni, sara' ancora piu' facile proteggere dall'indifferenza bianca di un anonimo intonaco la traccia tangibile, realista piu' che mai e quotidiana, del passaggio terreno di una grande e sconquassata mente, capace di profonde buissime paure e straordinari e limpidi voli angelici!



Diamoci da fare, dunque e cominciamo con firmare la petizione per salvare Casa Merini. E' un ottimo inizio. Solo un inizio, ma ottimo.



Grazie!









Questo il testo della petizione, a firma di Giulia Poletti (nipote di Ada Merini): "Purtroppo, mesi di attese e proposte, non hanno reso possibili i nostri sforzi e l'asportazione dell'intonaco della parete di Alda Merini è ormai alle porte. Il costo è molto alto e, il Comune di Milano non ha le disponibilità economiche per affrontare il tutto, oltretutto, i proprietari dell'appartamento, non faranno ulteriori proroghe e, il 15 gennaio, inizieranno i lavori di ristrutturazione dell'appartamento in cui Alda Merini ha vissuto e partorito le poesie che tutti noi conosciamo. Vi chiediamo un aiuto, non permettiamo che un pezzo di storia, nonché della cultura italiana venga abbattuto. Abbiamo pochi giorni per evitare questo scempio." (Giulia Poletti )

giovedì 4 agosto 2011

Lo specchio deformante

Cosa fosse la delusione non lo sapeva ancora. Per lei significava scoprire una verità che non assomigliava neanche un po' a quella che credeva fosse "la verità".


La verità intesa come un modello, quasi, un prototipo di comportamento al quale, nel bene e nel male, tutti aderiscono. Ci si incontra, ci si parla, ci si scambia parole, ci si da' e ci si prende, si ricevono affetto abbracci sorrisi.

Poi arrivano quelle che si credono "incomprensioni", ma anche quelle stanno lì, a puntinare il quadro della "verità", momenti necessari per superare se stessi e andare oltre. E migliorare. Poi c'è tempo per le riappacificazioni, per i chiarimenti. Questa era per lei la verità. Questo era ciò che credeva fino ad allora. Una sera, però, voltando lo sguardo in un modo forse mai imparato prima, quasi che l'occhio fosse un laser capace di sezionare trasversalmente anche i pensieri, decifrando ora il movimento altrimenti impercettibile dell'occhio, ora quella buffa piegolina al bordo delle labbra, decodificando così una persona, quella lì davanti a lei, come uno scanner fa con un'immagine inondata di pixel, ecco, proprio lì, in quel momento, l'elaboratore emotivo dentro di lei comincia a lanciarle risultati sorprendenti: dati impressionanti che le rimandavano ad un solo esito. S'era ingannata! Lei e la sua predisposizione all'accomodamento, lei e la sua tendenza a non indagare ("perche' - pensava - se problemi ci sono i problemi verranno esternati, no?"), lei e l'amarezza che, come goccia di fiele, le stava bucando lo stomaco in quel punto indefinito che sembra piccolissimo, dove riescono a starci, invece, un sacco di dolori. Ora ne aveva uno di più, che per star comodo s'era preso tutto lo spazio. "Ma con chi ho avuto a che fare fino ad oggi?" era la domanda che a formularla per intero le bloccava a metà il respiro e la faceva piangere. "Sono stata tutto il tempo osservata e giudicata, nel tentativo di mettere in luce le mie incapacità? E' tutto qui quello che ne ho avuto di questa storia bugiarda?" e come un rullino arrivato alla fine, continuava a rivedere la stessa scena di lei e la sua incredulità al tavolino di quel bar. In compagnia del turbinio dei pensieri che sembravano gonfiarle la testa andò a letto. E la notte non le diede una mano, anzi. Rimase sveglia a scomporre i dettagli di quell'amarezza cercando di rimetterli in un nuovo ordine, nel quale facessero meno male. Arrivò cosi il mattino.

Ed era sorprendentemente come tutte le altre mattine. E si accorse che quell'amarezza aveva soltanto definito un contorno all'infelicità che da sempre c'era. Ora aveva dovuto guardarla un po' di più negli occhi, sostando forzatamente su quello sguardo e quel mezzo sorriso, apparentemente mai visti prima. Ora doveva ricordare e non tornare più indietro. "Abbiamo gli occhi in direzione "AVANTI"...Non c'è scelta: è in AVANTI che dobbiamo andare".

(da Wikipedia. Lo specchio incarna una valenza negativa o positiva seconda i casi: in esso ci si perde e ci si riconosce, si scopre ciò che è fugace , si distingue il dissimile dal simile.

venerdì 8 luglio 2011

Il 25 giugno abbiamo realizzato uno spettacolo nell'ex Carcerce LE NUOVE di Torino. Un'atmosfera difficile. E avevo scritto questo.


"Quando esci da li' non sei piu' la stessa persona.

Sono stata in questi due giorni all'interno di quello che fino al 2003 e' stato CARCERE. Abbiamo allestito il palco, assemblato strumentazione e microfoni, messo a punto le luci e provate le voci...Senza accorgerci quasi del posto.

Ma intanto "il posto" stava entrando dentro noi.

Ad un certo punto mi e' pure parso di vederle quelle donne, appoggiate alla ringhiera, a guardare verso il palco, a sentire la mia voce che sale su, fino a quell'altissimo soffitto dove l'unico lucernaio filtra la notte che sta arrivando.
Sento la loro presenza, i loro rimpianti, anche la loro rabbia, e la stanchezza...

Ne ho sempre vista una in particolare, le ho dato anche un nome, Anna Maria. Dall'aspetto duro, il suo sguardo tradisce la durezza che ostenta. Pensa mentre mi guarda, pensa a quello che fuori da li' sarebbe stata la sua vita. Specie quando parte l'Adagio, struggente, e guardo nella sua direzione. La percepisco e lei non distoglie lo sguardo. Un ciuffo di capelli copre il suo viso, per poco, nascondendo quasi un po' di pianto.

Questa sera, pur piena di stanchezza e di ansia, andro' per lei, per Anna Maria, e per tutte le donne che hanno abitato, spesso con i propri piccoli, quel braccio...

Spero che piacera'.
http://www.museolenuove.it/home.asp "

martedì 8 marzo 2011

E' bellissima è verissima.


Donne in rinascita. Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita. Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta. Che uno dice: è finita. No, non è mai finita per una donna. Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia. Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola. Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare. Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai. E sei tu che lo fai durare. Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita. Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane. Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto. Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa. Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così". E il cielo si abbassa di un altro palmo. Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natale e Pasqua. In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata. Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento. Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine. Ed è stata crisi, e hai pianto. Dio quanto piangete! Avete una sorgente d'acqua nello stomaco. Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo. E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance? E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze! Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore. "Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?" Se lo sono chiesto tutte. E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile. Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi? E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai. Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te. Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa. Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa. Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente. Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel. Parte piano, bisogna insistere. Ma quando va, va in corsa. E' un'avventura, ricostruire se stesse. La più grande. Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli. Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo. Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse". Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia. Per chi la incontra e per se stessa. È la primavera a novembre. Quando meno te l'aspetti... (JACK FOLLA) - Dedicata alle donne. Anche a quelle della foto...

venerdì 25 febbraio 2011

Neruda Agricantus ...ed io.

Qui ti amo.
Tra i pini scuri si srotola il vento. Brilla fosforescente la luna su acque erranti. Passano giorni uguali, inseguendosi l'un l'altro.
Si dirada la nebbia in figure danzanti. Un gabbiano d'argento si stacca dal tramonto. A volte una vela. Alte, alte stelle.

O la croce nera di una nave. Solo. A volte mi alzo all'alba e persino la mia anima è umida. Suona, risuona il mare lontano. Questo è un porto.
Qui io ti amo.

Qui io ti amo e invano l'orizzonte ti occulta. Ti sto amando anche in mezzo a queste cose fredde. A volte vanno i miei baci su quelle navi gravi, che corrono sul mare dove non arriveranno. Mi vedo già dimenticato come queste vecchie àncore.

Sono più tristi le banchine quando ormeggia la sera. Si stanca la mia vita inutilmente affamata. Amo quel che non ho. Tu sei così distante. La mia noia lotta con lenti crepuscoli. Ma poi giunge la notte e inizia a cantarmi. La luna proietta la sua pellicola di sogno.

Mi guardano con i tuoi occhi le stelle più grandi. E poiché io ti amo, i pini nel vento vogliono cantare il tuo nome con le loro foglie metalliche.
http://www.youtube.com/watch?v=lTG-OxbTEQk

mercoledì 26 gennaio 2011

“PERNONDIMENTICARE” - teatro

E' la storia di un uomo che sembrava un uomo comune, ma non lo era. Lui era un ebreo, innanzitutto, gia' marchiato da un destino di fuggiasco o prigioniero. Lui era un ebreo medico che amava la sua comunita'. E la sua comunita', in quella Venezia del 1943, contava quasi 1500 ebrei abitanti nel ghetto veneziano e fuori. E lui, quest'uomo, amava la sua comunita' e teneva gelosamente e scrupolosamente una rubrica con i nati, i trasferiti, le nuove famiglie, i nuovi arrivi..., e lo faceva con discrezione, segretamente. "...ha sempre tenuto molto ad una certa segretezza con cui, dice di proteggere la Comunita'...", questo dice di quest'uomo la donna che bene lo conosce, sua sorella con cui viveva...
Lui, uomo pieno di rettitudine e onesta', decide di sacrificare se stesso per non tradire la Comunita' e la sua discrezione. C'era in ballo il "rastrellamento" nel ghetto e fuori, sarebbe stato forse piu' facile andare via di nascosto: "...prendiamo qualcosa, un piccolo bagaglio...e ce ne andiamo via via! VIA!!". Ma alla fine, lui, uomo la cui natura e credo avevano gia' forgiato in un unico solido modo, resta li', nella sua amata Venezia, le sue calle piene di profumi, colori...
Rimane giusto il tempo per distruggere cio' che il generale Cermak gli domanda minacciandolo, la LISTA dei nomi degli Ebrei, assicurandosi cosi' la loro salvezza protetta dall'anonimato.
E poi, scenicamente, andarsene via in pace.

Questa e' la storia finale di Giuseppe Jona, dottore. Vissuto a Venezia in cui esercitava la professione di medico. Una storia "SHALOM ALEIKEM", ritrascritta da Fabrizio Frassa, autore teatrale e regista, e portata in scena da IT.ART venerdi' 28 e sabato 29 gennaio. Prima serata a San Maurizio C.se (ore 21.00 sala Consigliare), sabato a Caselle T.se, ore 21 sala Cervi.



“SHALOM ALEIKHEM!”
DI FABRIZIO FRASSA

LETTURA SCENICA E MUSICHE DAL VIVO

Testo di Fabrizio Frassa
Musiche di Alessandro Umoret

VOCI RECITANTI:
it.ARTSEZIONETEATRO
Loredana Bagnato e Livio VaschettoLuci: Tony Sabatucci