lunedì 30 luglio 2007

la strada


Quanti significati ha una strada? Come il viaggio rappresenta una partenza o un arrivo, una fuga o un ritorno...Sto pensando ora a quei percorsi, fatti e da fare, nelle strade spesso ancora sconosciute della nostra vita. Penso a chi sta guardando in occhi altri e cerca la strada per raggiungerli, penso a chi comprendendo la necessita del viaggio non sa ancora in che direzione andare, penso a chi vorrebbe percorrere molta strada, sentendo l'asfalto sfumare sotto le ruote come il raggiungimento di una tappa dopo l'altra, mentre gli occhi non lasciano mai la linea dell'orizzonte laggiu', penso alle parole che sembrano volersi fare strada nel silenzio senza accorgersi che, invece, lo interrompono di grida inutili, sorde. Penso, infine, alla strada verso la felicita'.

Vorrei esserci e incontrare chi amo.
(nella foto: locandina del film di Federico Fellini, LA STRADA, 1954, con Giulietta Masina e Antony Queen. Film da vedere. Ecco la scheda, tratta dal sito d'archivio RAI)
"Girando il mondo con il suo spettacolo, il possente Zampanò s'imbatte per caso in una povera e numerosa famiglia contadina, da cui acquista per pochi soldi la giovane Gelsomina, fanciulla mite e graziosa. Violento e possessivo, Zampanò costringe la ragazza ad accompagnarlo nelle esibizioni del suo spettacolo, dove la sbeffeggia senza riguardo mentre lui spezza catene davanti ad un pubblico incredulo: sono la timidezza ed il candore di Gelsomina ad impedirle di reagire ai maltrattamenti di quest'uomo rozzo e brutale. Ma durante una delle loro tappe, entrati a far parte di un circo, la ragazza stringe amicizia con il Matto della compagnia, la cui sincera benevolenza le restituisce fiducia in se stessa e la persuade a specchiarsi nella bellezza del proprio animo, il solo che possa sopraffare la prepotenza del suo padrone e perfino riscattarlo dalla sua ignoranza. Zampanò, accortosi del tenero affiatamento tra i due, esplode di gelosia. Fuori di sé, si scaglia sul Matto, uccidendolo, e ne getta il corpo sotto un treno. Gelsomina, che ha assistito al delitto, si chiude in un dolore straziante che la trascina pian piano alla follia. Giorno dopo giorno, le condizioni della ragazza peggiorano e l'assassino, perseguitato dal rimorso e dalla paura di essere scoperto, l'abbandona lungo la strada. Gli anni passano e la vita di Zampanò scorre triste e solitaria. Un giorno, l'uomo viene a sapere per caso della morte della piccola Gelsomina e, sconvolto dalla notizia, si getta in ginocchio sulla riva di una spiaggia desolata: compresi i propri errori, il freddo cuore di Zampanò s'infrange davanti alle violente onde del mare, lasciandolo solo, singhiozzante, a stringere tra le dita un pugno di sabbia."

martedì 24 luglio 2007

Poi mi passa. Mi passa? E cosa lascia...?

Si può imparare a vivere quando hai già superato i 40 anni?
Avere una vita desiderata e vivere una vita a meta?
Avere voglia di viaggiare e muoversi, conoscere luoghi e gente nuova e rimanere inchiodati nella sola piastrella di casa perché altro luogo lo puoi solo sognare?
Il boicottaggio messo in atto dalla parte più fragile di me ai danni dell’impeto e della vitalità dell’altra me, della sua indipendenza, ché altrimenti avrebbero il sopravvento…non lo sopporto più.
Aiuto.
Aiuto.
Aiuto.
Non voglio pensarmi così per il resto della mia vita.

E’ solo uno sfogo?
Non lo so ma stasera è decisamente più pesante più limitante più insopportabile.
Panico,
Ansia anticipatoria (http://www.psiconweb.it/DocumentoPanico3.htm),
Paura della paura.
Cosa vogliono da me?

Forse è solo uno sfogo ma vorrei non averne più ragione.Stasera è così. Anche se stasera è già stanotte e presto sarà mattino. E’ così che il tempo passa e se ne va. Se ne va? E cosa lascia...?

martedì 17 luglio 2007

Dedicato a chi se ne dimentica. Ma poi...


L'avevo scritta qualche mese fa, sul blog Buenaonda...Evidentemente il desiderio di volare non ha mai smesso di agitarmi il cuore...O le ali. (Quella finestra dell'androne di casa di tua nonna, Melanzina, me l'ha fatta tornare in mente, questa cosa qui. Grazie...)


"Ci sono momenti nella vita in cui vorrei prendere quelle ali che tengo nell'angolo giu' in cantina, assieme ai doposci Mammuth che non ho praticamente mai usato, vicino al borsone di abiti che non metto piu' ma che faccio fatica a dare 'ai poveri'..."Dove le ho messe...Ah! Eccole..."un po' impolverate, quelle ali. Da bianche che erano sono gialline qua e la', come le T-SHIRT che non uso piu' e che stanno piegate nel cassetto per anni e quando le vai a riprendere...Una bella riga gialla dall'ascella destra a quella sinistra e un'altra dal collo all'ombelico (lasciamo stare i casi di maglie piu' lunghe...). Un po' impolverate, da sembrare, le ali, in alcuni punti pure un po' grigioline...Mmazza quanta polvere...Ma da quanto non le uso? Una vita...E pensare che c'e' stato un momento in questa strana vita in cui le usavo tutti i giorni...T-U-T-T-I-I-G-I-O-R-N-I. Non riuscivo a farne a meno. Chi usava eroina, chi tonnellate di hashish, chi altre schifezze chimiche pericolosissime (mi ricordo il povero Eolo bruciato dall'lsd... "Cazzzoooooooo Quanti pianeti, satelliti...noi siamo in mille mooooondiiiii...." sussurrato, convinto e convincente...Salvo poi in qualche istante di lucidita' -o di follia, chissa..-legare una corda a quell'albero e farla finita...). Io usavo le ali. Me le sistemavo con un cinturone sulle spalle, al posto dello zaino (quando tagliavo da scuola!) o direttamente sotto lo zaino, quando ci andavo, a scuola, e cominciavo a correre...a correre...a correre....Fino a quando i piedi si staccavano da terra, il corpo riceveva una spinta verso l'alto che un po' mi faceva deglutire, le orecchie si tappavano per un po', e l'aria un pizzico piu' frizzante cominciava a fendere i capelli, lacrimare gli occhi e respirare con la bocca socchiusa! Aah che meraviglia pero’! La leggerezza del volo e del corpo si trasformava in un istante in una leggerezza dell’anima e semmai avessi avuto qualche mattoncino sullo stomaco da buttar giu’, in un attimo era scomparso. Polverizzato, assieme ai pensieri piu’ cupi, piu’ duri, piu’ ansiosi e astiosi.Che figata volare! Mi gustavo la mia cittadina dall’alto, vedevo le teste di tutti, da quelle di cazzo che stavano ad urlare ammezzo alla strada, a quelle col cappello dei vecchietti che giocavano a bocce, a quelle colorate dei bambini nel parco e delle madri sulle panchine a guardarli mentre chiacchieravano tra loro. Vedevo le auto, le cime degli alberi, che divertente era passare ammezzo al fumo dei comignoli! Quell’odore di gasolio bruciacchiato, o di legna, a seconda dei combustibili usati, sapeva di casa, comunque…Volare volare volare. “E volavo volavo felice piu’ in alto del sooole ed ancora piu’ suuuu!” no, io non volavo tanto in alto, ma quanto bastava per staccare i piedi da terra. Ero gia’ una bambina coi piedi per terra, fin da piccolissima. L’abitudine a fare tutt per bene, a fare contenti tutti, a ricordare a tutti che ero davvero brava, fare attenzione A-T-T-E-N-Z-I-O-N-E… Piedi per terra. Ali per volare. Erano il mio riscatto. Ancora oggi, se chiudo gli occhi io so volare. La strada, le cose, le case, le auto, le persone, tutto tutto scorre sotto di me ed io davvero so volare! Prova a farlo. Anche adesso, chiudi gli occhi, e no! Non “immagina di volare” ma VOLA DAVVERO! Scoprirai che il volo e’ dentro di te, che e’ sempre stato li’. Perche’ prima di stare lungo i fianchi, spesso stanche, le tue braccia erano ali, con lunghe piume bianche e mooorbidissssime. E PIE’ VELOCE eravamo tutti. Poi le scarpe, le costrizioni, fin da subito…E le ali? “Cazzo ti servono le ali?Devi camminare no? Devi stare coi piedi a terra. COI PIEDI A TERRA”. E le ali sono andate in cantina…Fanc stasera me le vado a riprendere. Lavero le piume ad una ad una. Le asciughero, le lascero’ tutta la notte fuori a prendere aria e rugiada di domattina…Vedrai come torneranno belle…Le mie ali. Non le ho mai dimenticate, perche’ c’e’ la musica della mia chitarra che me le ricorda spesso, ci sono le parole, che me le ricordano spesso, ci sono la magia e le luci del teatro, che me le ricordano spesso, ci sono gesti irripetibili d’amore (ripetibili ripetibili) che me le ricordano spesso, c’e’ Tanella che fa le fusa e si addormenta accanto a me, che me le ricorda spesso…E ci sono gli abbracci sinceri che me le ricordano spesso e un po’ assomigliano loro… Vado giu’ in cantina…Se guardo bene, sono certa c’e’ un paio pure per te..."

...Mi dipingevo le mani e la faccia di blu...

Stanotte ho sognato di volare.
Ero in una specie di mongolfiera - anche se non sentivo l'aria sul viso - che si staccava dalla bifora del campanile e viaggiava verso la città.
Guardavo fuori, vedevo il verde degli alberi e il cielo terso d’una giornata bellissima.
Volare...
Una sensazione che ha per me valori contrastanti. Sembra che mi parli di libertà e di “slaccio”, mentre mi ricorda l’instabilità e il disequilibrio. La percezione di essere sospesa, di non poggiare sui piedi o di non avere la terra che mi sostiene, ma...l’aria. Fiuuu!
Ogni tanto, nel cielo sopra la mia casa, vedo volteggi e “giri della morte” di caccia militari in collaudo. Un nodo alla bocca dello stomaco per il rumore assordante e per quella che mi sembra, da una parte, una danza pericolosa, ma dall’altra, una sensazione antigravità che penso - per chi la prova - sia qualcosa di indimenticabile!
Volare...Un po’ come staccare dalla realtà che tiene i piedi in un quotidiano vivere, che gratifica e consola. A tutto vantaggio di una sensazione fatta d’aria, inconsistente eppure reale, da guardare a bocca aperta, come bimbe davanti ad un cartone animato, o ad un clown, o davanti ad un gioco.
Svincolati anche dal proprio corpo, oppure – ed è una vera magia – guardare alle cose comuni da una prospettiva così diversa tanto da farle apparire “altre”. Un albero visto dall’alto e non dal basso...Una nuvola vista da dentro e non da sotto, i tetti, le vie come arterie d’un corpo, il mondo là sotto, mai percepito cosi’...

E’ da un po’ che non mi succede più, ma ricordo nitidamente una cosa che mi capitava: riuscivo a volare con la mente, al punto di percepirmi altrove, guardando le strade, che percorrevo mentalmente, proprio dall’alto, coi loro colori, i panni stesi fuori dai balconi, le piante, la gente che passava...Tutto come se stessi realmente volando. Era come se d’improvviso fossi diventata un uccello. Era bellissimo.

Stanotte ho sognato di volare. Avevo paura e incanto insieme. Attrazione e sgomento. Una lotta tra estremi che è la lotta stessa tra la vita e la morte, tra le stesse pulsioni di vita e morte, quell’Eros e Thanatos il cui abbraccio abita dentro ognuno di noi. Fortuna che alla fine prevale il principio del piacere. Allora mi godo il panorama. E il viaggio.

sabato 7 luglio 2007

07.07.07

777.
per i non udenti.
per chi non sente parole?
per chi è sordo ai richiami?
perchè, dice la storia, non c'e' peggior sordo di chi non vuol sentire.
ma la realtà è che non c'e' peggior sordo di chi è sordo veramente.
Oggi c'e' chi si sposa magari c'e' del magico in questa cabala.
Oggi c'e' il live earth, in diversi punti del mondo.
poi ci sono io.
mi ricordo ora che provai un brivido l'anno scorso al 06.giugno.06.
ero al mare a Sottomarina di Chioggia, quel 08.08.88 e in TV facevano vedere la marea di giapponesi che si sposavano.
Oggi, in questa data spigolosa e ballerina, che mi ricorda le bluebell, non ho nulla da sancire.
Forse sono diventata sorda. Spero, nel 09.09.09, di avere qualcosa di bello da ricordare pensando al 7.7.7.
Buon sabato al Can Can.
Da dov'e' sbucata questa qui?

venerdì 6 luglio 2007

é@"" § s°°ç **é))^^$%$ non è spam...

Abit-

o

are

uarsi

udine.


E' solo un gioco di parole. Inutile, per scacciare i pensieri forse. Per deliziare quella parte di me che vuole trovare a tutti i costi il senso delle cose. le cose che capitano. come capitano. Il discrimine fra il nostro vivere e il nostro vivere è l'abitudine. che racchiude in sè l'abito che ci fa riconoscere agli altri, la nostra casa, il nostro condurci nelle cose, il nostro rassegnarci a ciò che prescinde noi e, a volte, si fa beffa sia dell'abito sia della casa sia del nostro condurci.

Abbiamo bisogno di abitudini?

Richiedo ora un soffitto bianco da guardare per proiettarci sopra dei segni indecifrabili perchè non avrò voglia di decifrarli o forse non avrò abbastanza fantasia per farlo. O fede. O fiducia. Richiedo ora quel 'colpo di bacchetta magica' che nessuno sembra avere più.

Io ce l'avevo qui, la mia bacchetta magica, ma se si cambiano abitudini, accidenti, non si riesce a trovare più nulla!

Qualcuno può dirmi per favore dove si è nascosta la mia bacchetta magica? E non ci provate a dire che non ce l'avevo...l'ho sempre avuta.


(e per concludere il gioco inutile dei miei pensieri mi viene pure in mente che ad -Udine qualcuna ha inventato, dal nulla, la scatolina che sono).

martedì 3 luglio 2007

Persempre


La luce del tramonto, ad Est, lungo la linea frastagliata delle montagne, filtrava dalla finestra della mia cucina, dal piccolo balcone. Quasi un invito ad affacciarmi, ad andare a guardarla. Lo facevo. Ogni sera era uno spettacolo diverso. In autunno e in inverno, un riverbero di luce iridiscente danzava tutto intorno e immezzo ad essa un albero. Un albero vecchissimo, coi rami contorti, fitti fitti. Un albero di caki. I suoi frutti ampliavano la luce del tramonto che sembrava, a quel punto, partire proprio da essi giungendo sino a me. Era, per i miei occhi, l'albero stesso il tramonto...

L'altra sera, quasi a ricordarmi che nulla dura per sempre, al suo posto non più quei rami e le foglie...No. Solo un buco. Un vuoto. Fu come se mi avessero rubato il tramonto. Il mio tramonto.

Poco fa, incontrando il nuovo proprietario di quel giardino, gli ho domandato dove fosse quell'albero di caki. Mi ha risposto che lo ha trapiantato in riva al lago.

"Qui mettero' gli alberi della mia vecchia casa", ha aggiunto sorridendo.

Già, anche lui è affezionato ai suoi orizzonti...

Sono felice che il mio albero ci sia ancora, che i suoi i frutti arancioni e caldi continueranno a rosseggiare, anche se non sarà più per me, specchiandosi ora nell'acqua calma di un lago. Allora il "persempre" esiste davvero.


Avrei voluto farvelo vedere, ma non so se da qualche parte ho una sua foto. Ne ho trovata una, in rete, di un albero che al mio assomiglia davvero tanto...

...Luglio

A volte le parole me le ritrovo davanti, altro che cercarle in non so dove...Me le ritrovo davanti e sono loro che raccontano a me la mia storia. Mi sono messa ad ascoltarle. E il tempo e' trascorso, scivolando via, mentre nel cielo si disegnavano emozioni che riconoscevo nel silenzio.
Nel mio silenzio.


Poi un'altra giornata di luce
poi un altro di questi tramonti
e portali colonne e fontane
tu mi hai insegnato a vivere
insegnami a partir
ma il cielo è tutto rosso
di nuvole barocche
sul fiume che si sciacqua
sotto l'ultimo sole
mentre soffio a soffio
le spinge lo scirocco
sussurra un altro invito
che dice di restare
poi carezze lusinghe abbandoni
poi quegli occhi di verde dolcezza
mille e una di queste promesse
tu mi hai insegnato il sogno
io voglio la realtà
e mentre soffio a soffio
le spinge lo scirocco
sussurra un altro invito
che dice devi amare
che dice devi amare
nuvole barocche - F.De Andre'

...Ci vuole una mano tra i capelli
e una donna da raccontare:
puttana, santa,stanca maddalena
di speranza a perdere
e dolore a rendere...
Manca certo la luce sul palco
la chiusa del poeta è forse amara,
manca il respiro del cantautore,
ed il ritmo ha un effetto strano.
Ci vuole una chitarra, Faber, senti... - Adelaide Spallino