I corridoi in penombra sembrano vicoli dove di notte non ci va nessuno:silenzio, ombre, tutte le sedie a rotelle "parcheggiate" a bordo del muro, il ronzio delle lucine al neon si confondono con quelli dei respiratori che ribollono d'ossigeno e acqua. Silenzio.
In un posto cosi', specie di notte, si perdono i connotati del "normale" per entrare in una dimensione eccessiva, fatta di culi scoperti, di tubi, di sacchetti di pipi lasciati penzolare dove mai ci sogneremmo in altre condizioni, puzza che arriva a sorpresa quando si passa davanti al carrello dove le operatrici buttano i pannoloni usati dai degenti, in quegli ammorbanti sacchi neri chiusi poco bene.
Mentre mio padre dormiva tranquillo della mia presenza, io rinunciavo ad una notte di sonno concentrandomi ora su quegli "Amabili resti" ormai alle ultime pagine, ora sul lavoro a maglia appena iniziato.
Mi distraeva pero' l'uomo del letto a fianco. Parlava in un modo incomprensibile con qualcuno che non c'era, si toglieva le lenzuola da dosso, lasciando visibili e suoi "poveri resti", scarni, bianchi, avvizziti, da cui partivano tubi e tubicini evidentemente fastidiosi.
Con pudore e imbarazzo lo ricoprivo, esortandolo a riposare.
"Non voglio dormire, voglio andare via"
"Non voglio dormire, voglio andare via"
"Dopo andiamo, ma ora riposa, hai ancora un paio d'ore, puoi riposarti intanto, no?"
(perché' poi gli davo del tu?segno di amicizia o di superiorità'...?)
"Come ti chiami?", gli domandavo, sfidando la sensazione di trovarmi davanti ad un povero vecchio oramai smemorato.
"Di nome o di cognome?" di rimando, lui.
"...Tutti e due!"
"Franco..." e poi accennava al cognome che non arrivava alle labbra
"Non importa, basta il nome...Quanti anni hai Franco?" e intanto gli rimboccavo il lenzuolo
"....mmh -sembrava non respirasse-...ottanta...ottantadue..."
"Li hai già' compiuti?"
Lui, voltandosi dall'altra parte, e parlando con l'invisibile persona accanto, sussurrava "...Curiosa, eh, 'sta qui..."
"Si', sono curiosa Franco, ma se preferisci dormire anziché parlare...Va bene lo stesso..."
"9 luglio...Eh, il nove luglio"
"E..chi e' Marisa?" rifacendomi al nome che ogni tanto chiamava.
"E' Marisa..."
"Tua moglie?"
"....si. Andiamo via."
"Ok, pero' prima riposa un po'".
Lui alzava gli occhi al soffitto e a me sembrava di vederlo morire.
Stava in apnea, con gli occhi socchiusi.
"Ehi, Franco!"
Si voltava, mi guardava, sembra perplesso...
"Scusa...scusa, dormi ora".
Guardavo i suoi lineamenti. Lo immaginavo con un passato, una vita di impegni, di affetti, di incazzature e soddisfazioni, di lutti, di pensieri, di amore, di famiglia, di passioni e amici...Ora qui, in questo posto dove la normalità' e' altra cosa, era solo un moribondo, con un respiro che rantola in gola in attesa di saltare fuori dalla bocca.
Ero concentrata sull'immaginarmi la vita di Franco, domandandomi se la vecchiaia spesso rende smemorati e svalvolati per non dare consapevolezza, per immunizzare da ciò' che realmente succede, "stare per morire". Allora mi riconcentravo sulla vita, e sul suo senso profondo, da cogliere finché si e' lucidi e presenti ad essa.
A quel punto...un boato!
Una specie di scherzo di carnevale enorme, incomprensibile e improvviso..
Una scoreggia incredibilmente disumana e irreale, proveniente dal terzo letto, dove dormiva beato un terzo ricoverato.
"OHHHII!!ALLELUIA!" dico alzando la voce.
Silenzio.
Perplessa io. Stupita.
Ho smesso di filosofeggiare tra i miei pensieri e m'e' venuto da ridere...