domenica 3 giugno 2007

Una citazione.Dopo Loving Annabelle

FOR THE HUMAN BEING TO LOVE ANOTHER: THAT IS PERHAPS THE MOST DIFFICULT
OF ALL OUR TASKS...THE WORK FOR WHICH ALL OTHER WORK IS BUT PREPARATION.

Rainer Maria Rilke (Praga, 4 dicembre 1875 - Valmont, Svizzera, 29 dicembre 1926)

(Per un essere umano amare un altro è forse il piu' difficile dei compiti...Questo lavoro esiste ma richiede preparazione).

Le citazioni...Ricordo quando il prof di lettere dava i titoli dei temi...Ce n'era sempre uno che era una citazione. Erano i cosiddetti "temi introspettivi", che con quello storico e quello d'attualita' completava il trittico di temi da scegliere. Io escludevo a priori l'attualita' e lo storico, richiedevano precisione. Quello introspettivo no...Nessuno poteva venire ad indagare dentro di me e stabilire se quello che scrivevo fosse o no la verita', fosse o no corretto...giusto...Allora guardavo la citazione, spostando il foglio da me quanto bastava per sentirmi distaccata. Poi cercavo di capire la struttura delle parole e il legame tra una lettera e un'altra, tra una sillaba e l'altra. Poi riponevo il foglio e guardavo altrove, in genere verso la finestra. E quando gli altri erano arrivati ad aver svolto gia' mezzo tema, io non avevo neanche scritto una parola. Lasciavo che dentro di me quel titolo si accomodasse, e cercasse da se' il luogo piu' adatto per farlo. E tac!Scattava qualcosa che mi imponeva la presa rapida della penna, e in un istante fiumi di parole, copiose, senza senso, impetuose, sgorgavano quasi dalle dita, sospinte da una forza irresistibile. Intere pagine si riempivano cosi', da sole, tanto che ottenni una particolare "dispensa": potevo continuare il tema nelle ore successive, malgrado ci fossero altre materie. Era un privilegio, lo so, ma era pure l'unico modo per me per portare a termine il compito in classe. Inoltre, fino alla fine non sapevo neanche bene cosa stessi scrivendo. Quando lo rileggevo, percio', era sempre una scommessa: era come se una personcina dentro di me avesse scritto tutto ed io li', a leggere il suo lunghissimo messaggio. Era rischioso, ma diventava pure divertente! Agli altri piaceva molto il mio tema, anche per loro diventava una scommessa. Il prof era gratificato, compiaciuto da quello che lui definiva "atto di fiducia" che io rivelavo parlandogli di me, del mio vivere e sentire, nei temi che sceglievo. Ed io gli ero grata, profondamente, perche mi costringeva alla riflessione, anche se in me avveniva in modo assai curioso...Gli ero grata perche' "...se c'e' qualcuno che legge - pensavo - ci sara' sempre qualcun altro che scrive...", ed ero felice che lui fosse il lettore ed io la scrittrice...

7 commenti:

Anonimo ha detto...

penso che chi come noi ha nutrito la propria anima di parole, lette e scritte, ha vissuto le sensazioni di cui parli tu di fronte al foglio protocollo piegato a metà!
Il tema. Il compito in classe che preferivo e che mi rinfrancava dal foglio a quadretti di fronte al quale ho - invece - sempre temporeggiato...ma non per aspettare l'ispirazione. Piuttosto per aspettare il fogliettino con le equazioni!! :-)
distintissimi saluti

TIA LORI ha detto...

Sensazioni senza eta'. Che avvicinano in un istante i vissuti di chi sembra cosi' lontano dalla propria vita...
Per i conti che non tornano mai c'e' sempre tempo!
Un bacio.

Anonimo ha detto...

Le nostre storie: come sono pur simili anche se lontane, io riuscivo a parlare di me solo attraverso i "temi" d'italiano, anche ora mi è più facile scrivere che parlare. Ciao Cicciuzza

Anonimo ha detto...

Un foglio bianco ...
l'immagine mi ricorda una tela su cui dipingere la propria anima.
Forse è proprio quello che si fa dando sfogo a tutti quei pensieri che non hanno voce ne parole.Ho sempre pensato che l'esempio sia il modo migliore per esprimere un concetto e in fondo quando si crea un esempio non si sta forse creando un dipinto della realtà?
mah chi lo sa...
Bizio

TIA LORI ha detto...

Dicevi bene "cerca la tua domanda" e otterrai la risposta. Il foglio bianco, la tela...Ognuno puo' dipingervi la realta', che proprio per questo non sara' mai univoca, mai unica...D'altra parte, se guardo il tramonto da casa mia per i seguaci del Daishonin nella loro terra...sta sorgendo il sole.
Io penso Bizio, che nella tua scatolina ci sono cose assai belle.

Anonimo ha detto...

La scelta di un romanzo ha qualcosa di magico. A volte capita di ritrovarne il senso solo molti anni dopo. Magari legato ad un dettaglio. Un titolo. Un incipit. Oppure la dedica dell’ autore. Mi piace riportatene una che ho letto molto tempo fa.

Forse già allora sapevo che un giorno avrei scoperto il tuo luogo.

Caro Pat, mi hai pescato a intagliare nel legno una specie di statuina e mi hai detto: “Perché non fai qualcosa anche per me?”. Ti ho chiesto che cosa volevi e mi hai risposto: “Una scatola”. “Per farne che?” “Per metterci la roba dentro.” “[…]. Ecco, questa è la scatola. C’è dentro quasi tutto quello che ho, eppure non è piena. Ci sono dentro dolore ed eccitazione, sentimenti buoni o cattivi e pensieri cattivi e pensieri buoni – il piacere di disegnare e un po’ di disperazione e l’indescrivibile gioia della creazione. E oltre a tutto questo, in cima, tutta la gratitudine e l’amore che ho per te.
E la scatola non è ancora piena.”
(J. Steinbeck)

TIA LORI ha detto...

Adorabile deduzione.
Nulla e' per caso e se (per caso) nella memoria resta traccia inconsapevole d'un qualcosa che li' per li' non sembra appartenerci, e' magicamente semplicemente meraviglioso scoprire tempo dopo quanto in realta' era' gia' dentro noi. Da svelare. Nella scatolina che Sam intaglio' per me quel giorno, riconoscendola come mia, oggi ci sei anche tu. E c'eri gia' mentre sfogliavi le pagine di Steinbeck,mentre quella dedica si fermava, diversa, dentro te...solo che allora non lo sapevamo ancora.